Ecco da qualche parte lo dovevo scrivere, che importa se lo leggeranno in pochi, da qualche parte lo devo scrivere. E a cos'altro serve un blog? Roberto Saviano mi ha fatto un'impressione micidiale ieri. Innanzitutto perché ho capito quanto grande è il potere della parola. Se gira costantemente circondato da sei uomini, che ne nascondono completamente la figura, se è necessario contollare con in cani anti esplosivi, se palazzo della Carovana diventa un posto blindato con poliziotti in borghese e controlli a ogni porta, tutto ciò è conseguenza della sua parola. Della forza di quello che dice e della forza con cui lo dice. Il potere non l'ha conquistato con la pistola, o con l'intimidazione. L'ha conquistato con la parola.
L'altra cosa che mi ha tanto colpito è stata la risposta a una domanda banale, cosa è cambiato nella tua vita e sei pentito di quello che hai fatto scrivendo Gomorra. Domanda alla richiesta della quale ci siamo messi tutti le mani nei capelli e un brusio si è sollevato in sala. E Saviano mi ha decisamente sorpreso. Mi aspettavo una risposta banale, standardizzata dalle centinaia e centinaia di volte che l'ha dovuta ripetere. E invece no, qualcosa è cambiato, piano piano diventava sempre più una confidenza a un amico, a una sala di amici, piuttosto che una risposta a un pubblico di sconosciuti. E Saviano è diventato umano, troppo umano. E ha alternato momenti di oratoria lucidità e momenti in cui ha confessato le sue paure, le sue ansie e la delusione che deriva dal livore che gli riservano i suoi conterranei. E ben si capiva, il cambiamento, dall'incrinarsi del tono della voce e dal comparire di pause di riflessione in un'arte oratoria ben oliata. E il messaggio più bello che è rimasto da più di due ore e mezza di discussione è proprio questo: nella lotta contro il male, non ci sono eroi. Ci sono solo uomini, come noi.
P.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Posta un commento