P.
venerdì 31 agosto 2007
mercoledì 29 agosto 2007
Stavo
P.
Sarà un periodo così...
P.
lunedì 27 agosto 2007
Disturbin' thing
'Cause tonight is just like any other night
That's why you're on your own tonight
With your triumphs and your charms
While they're in each other's arms...
Stasera vado alla Divina, uno dei lettori di questo blog ha macchiato il suo libretto col primo 30+ e ha detto che mi offre una Moretti media.
Oh well. Enough said.
P.
Direttamente dal nuovo PC
microprocessore AMD Duo 5600
HD mezzo TeraByte (gulp!)
scheda madre fichissima con raffreddamento ad olio del microproc
tutto montato ed assemblato da me. Ho 8 Usb!!! Non devo più staccare la stampante per usare la chiavetta!! Però fa più casino del vecchio...
Vabbé, tra l'altro ieri e oggi fino a mezzodì non funzionava l'ADSL, che palle, Tele2 del cavolo. L'Inter ha fatto schifo, però che numero Ibra, eh... Bah magari ci risentiamo oggi pomeriggio, qui c'è troppo caldo per scrivere qualcosa di sensato...
P.
venerdì 24 agosto 2007
Io continuo
P.
Sono un disastro
P.
mercoledì 22 agosto 2007
Io comincio
I can't take my mind off of you
I can't take my mind off you
I can't take my mind off of you
I can't take my mind off you
I can't take my mind off you
I can't take my mind...
My mind...my mind...
'Til I find somebody new
Forse più che errore, cioè, non è un errore. E' la realizzabilità (esiste?) dell'ultima frase che mi fa un po' pensare. Sono un po' scoraggiato. Sono molto scoraggiato. Non vedo nulla di buono nel mio futuro, niente, a partire dal lavoro per finire in bellezza con l'amore. Cioè è vero che quando inizi a pensare a un'altra persona, poi un po' passa. O almeno aiuta, e molto anche. Però non deve succedere che quando poi pensi davvero all'altra persona è peggio, perché è irrealizzbile quanto o più di quella prima. E' la discesa all'infinito di Euleriana memoria, però a rovescio. E' l'ascesa all'infinito. Tipo per dimenticarla penso a Scarlett, e grazie al cazzo... Per dimenticare Scarlett poi a chi penso? A Lei. E così via forever and ever. Mi mancava un po' questo lasciare scorrerei i pensieri sulla tastiera. Ho fatto bene, alla fine, ad aprire il blog. Però ora è tardi, quindi stacco. Ho tutta la vita per scrivere un altro Ulysses su questo blog. Ed ora ho sonno.
P.S. non mi piace per niente che questo blog sia l'unico mezzo che ho per comunicare con le (o meglio, alle) persone. Chi ha orecchie per intendere...
P.P.S. ieri sera mi è stato detto, un paio di volte, esplicitamente, che sono paranoico. WOW!!!
P.
martedì 21 agosto 2007
Mi sfugge il significato
When nobody's watching
[...]
It's not that we're scared
It's just that it's delicate
Cavolo stasera sto proprio giù... Che palle.
P.
Panizzi




E se invece va male, tutto ciò, però soli come dei cani, credendo che quello che si sta facendo abbia un'utilità, che la scoperta

Nelle altre foto: alcuni degli iris che mi sono arrivati oggi, ovviamente non fioriti...
P.
lunedì 20 agosto 2007
I'm back
If it means nothing to you?
Boh prima o poi scrivo quello che mi ha fatto pensare sulla corrispondenza di amorosi sensi e sulle differenze tra le persone. E poi ho pensato a Lei, sempre e comunque. E a volte ero quasi contento se per un po' pensavo alla mia vita, ma non come negli ultimi mesi. Se pensavo come un anno fa circa, o prima, senza troppe preoccupazioni, senza pormi problemi su ciò che sono o ciò che faccio, su quello che ho sbagliato e su quello che devo fare. Oh guarda ho detto a Lastfm di mettermi su qualcosa di Jeff Buckley e lei mi ha messo su la mia preferita, Lover ecc ecc. Grazie. Ora meglio se vado a studiare che non voglio arrivarci troppo impiccato all'esame. Ci si sente presto, ciao.
P.
lunedì 6 agosto 2007
Keep playing
cerco di fare come suggerisce Max,
Cerco. Non sempre riesco. Ieri mattina non ci sono riuscito. Cavolo.
Questo è per ricordare che bisogna sempre continuare a giocare. Nonostante tutto e tutti. Alla prossima, ciao.
P.
martedì 31 luglio 2007
Big ideas (don't get any)
Don't get any big ideas
They're not gonna happen
You paint your house white and fill in the noise
They'll take something missing
Now that you find it, it's gone
Now that you feel it, you don't
You've gone off the rail
She kisses you with tongues and pulls you to the ground
Don't go, you'll only want to come back again
So don't get any big ideas
They're not gonna happen
You'll go to hell for what your dirty mind is thinking
And now that you find it, it's gone
And now that you feel it, you don't
You've gone off the rail
E invece no. Stavolta me la faccio un'illusione. Ci devo passare 15 giorni su quest'illusione. Ho una grande idea. E può funzionare. Ed è così semplice, ho sempre saputo che avrei dovuto fare così, ma ora sono convinto di farlo. Quasi convinto. Ho un paio di settimane per convincermi. Mi devo convincere. E mi convincerò dicendomi che prima o poi bisogna lanciarsi, provare a fare la cazzata, se no non si impara mai a nuotare. E infatti io non so nuotare. E mi ha anche deriso (amichevolmente) per questo. Ma non mi deriderà perché non mi sono buttato con Lei. E vada come vada. Almeno da qualche parte andrà. E se non è la sperata, almeno ci ho provato. Almeno questo. Almeno una volta.
P.
lunedì 30 luglio 2007
Orfeo. Euridice. Ermete.
Come vene d'argento silenziose
scorrevano il suo buio. Tra radici
sgorgava il sangue che affluisce agli uomini
e greve come porfidio appariva nel buio.
Di rosso altro non c'era.
Rupi c'erano,
selve incorporee e ponti sul vuoto
e quell'enorme, grigio, cieco stagno,
sospeso sopra il suo lontano fondo
come cielo piovoso su un paesaggio.
E in mezzo a prati miti di pazienza,
pallida striscia, un unico sentiero era visibile
come una lunga tela distesa ad imbiancare.
E per quest'unico sentiero essi venivano.
In testa l'uomo snello in manto azzurro,
guardando innanzi muto e impaziente
divorava la strada col suo passo
a grandi morsi senza masticarla. Gravi, chiuse,
dalle pieghe del suo manto pendevano le mani,
dimenticata ormai la lieve lira
ch'era incarnata nella sua sinistra
come tralci di rosa nel ramo dell'ulivo.
Ed i suoi sensi erano in due divisi:
mentre l'occhio in avanti correva come un cane,
tornava ed ogni volta nuovamente lontano
alla prossima svolta era ad attenderlo -
l'udito gli restava - come un odore - indietro.
Talora gli sembrava di percepire il passo
degli altri due viandanti che dovevano
seguirlo fino al colmo dell'ascesa.
Poi nient'altro che l'eco del suo ascendere
dietro di lui e il vento del suo manto.
E tuttavia venivano, si disse
a voce alta, e udì perdersi la voce.
Venivano, gli parve, ma con passo inudibile,
i due. Se per un attimo
gli fosse dato volgersi (se il volgersi a guardare
non fosse la rovina dell'intera sua opera
prima del compimento) li vedrebbe
i silenziosi due che lo seguivano:
il dio dei viandanti e del messaggio
lontano, sopra gli occhi chiari il pètaso,
lo snello caducèo proteso innanzi,
e alle caviglie il battito dell'ali;
e affidata alla sua sinistra: lei.
La Tanto-amata che un'unica lira
la pianse più che schiera di prèfiche nel tempo,
e dal lamento un mondo nuovo nacque
ove ancora una volta tutto c'era: selva, valle,
paesi, vie, e campi, e fiumi e belve;
e intorno a questo mondo del lamento
come intorno ad un'altra terra, un sole
ed un cielo stellato taciti si volgevano,
un cielo del lamento pieno di astri stravolti -:
Lei, la Tanto-amata.
Ma ella andava alla mano di quel dio,
e il passo le inceppavano le lunghe bende funebri,
incerte, mite e senza impazienza;
chiusa in sé come grembo che prepari una nascita,
senza un pensiero all'uomo innanzi a lei,
né alla via che alla vita risaliva.
Chiusa era in sé. E il suo essere morta
la riempiva come una pienezza.
Come d'oscurità e dolcezza un frutto,
era colma della sua grande morte,
così nuova che tutto le era incomprensibile.
Ella era in una verginità nuova
ed intangibile. Il suo sesso chiuso
come un giovane fiore sulla sera,
e le sue mani erano così immemori
di nozze che anche il dio che la guidava
col suo tocco infinitamente lieve,
come un contatto troppo familiare l'offendeva.
E non era più lei la bionda donna
che eccheggiava talvolta nei canti del poeta,
isola profumata in mezzo all'ampio letto;
né più gli apparteneva.
Come una lunga chioma era già sciolta,
come pioggia caduta era diffusa,
come un raccolto in mille era divisa.
Ormai era radice.
E quando il dio bruscamente
fermatala, con voce di dolore,
esclamò: Si è voltato -,
lei non capì e in un soffio chiese: Chi?
Ma in lontananza - oscuro contro la soglia chiara -
quancuno in volto non riconoscibile
immobile guardava
la striscia di sentiero in mezzo ai prati
dove il dio messaggero, l'occhio afflitto,
si voltava in silenzio seguendo la figura
che per la via di prima già tornava,
e il passo le inceppavano le lunghe bende funebri,
incerta, mite e senza impazienza.
Bella, bella, bellissima. Lirismo nella sua forma più pura. Senza filosofia, senza appensantimenti. Come si fa a non amare Rilke dopo aver letto una poesia così? Buone vacanze a tutti, belli e brutti.
P.
domenica 29 luglio 2007
Squillino le trombe, rullino i tamburi
Interbusiness, che so chi è;
Iunet, idem;
Telecom Italia con Firefox, idem;
Telecom Italia con IE, che non sono sicuro di sapere chi sia, ma ne ho una buona certezza;
Tele2 con W2000 e Firefox, credo proprio di sapere chi sia questo pazzo che entra nel blog almeno 6 volte al giorno :-).
Ok. Ci ho pensato il fine settimana in montagna e ora la sparo: O, l'album di Damien Rice, è più bello di Grace. Così ho sancito.
Ok. Giornata tremenda oggi. Voi, memori del post Triestino, mi direte: è il giusto epilogo di una giornata bella. Giusto. Sabato ho passato due ore piacevoli. Già. Ma come al solito mi hanno causato l'effetto di un tirrimorchio in faccia. Cioè non piacevole. Ok basta così. Stavolta sarò un po' più riservato sui fatti miei. Ma solo per stavolta...
Ok. Un grande saluto a tutti quelli che partono per le vacanze, ma anche a quelli che restano. Da me che praticamente le vacanze le ho finite. Cioè non proprio: magari la settimana prossima vado in montagna, ma vi so dire poi. Magari prima di andare in montagna posto un capolavoro di Rilke, sempre su Orfeo, così ve lo godete piano piano. Finalmente l'ho ritrovato, l'avevamo letto in quinta superiore ed ero convinto fosse nei Sonetti ad Orfeo, ma mi sbagliavo. E infatti è una poesia a sé, ed io avendo comprato l'opera omnia, l'ho ritrovata.
Ok. Ok. Domani palestra come al solito, prima passo in posta e magari passo anche a comprare il piano. Ok. Ora mi faccio cullare un po' dalla voce di Rice. Poi vado a letto, che domani è una giornata impegnativa.
P.
sabato 28 luglio 2007
E dai...
Accidental babies
Well I held you like a lover
Happy hands and your elbow in the appropriate place
And we ignored our others, happy plans
For that delicate look upon your face
Our bodies moved and hardened
Hurting parts of your garden
With no room for a pardon
In a place where no one knows what we have done
Do you come
Together ever with him?
And is he dark enough?
Enough to see your light?
And do you brush your teeth before you kiss?
Do you miss my smell?
And is he bold enough to take you on?
Do you feel like you belong?
And does he drive you wild?
Or just mildly free?
What about me?
Well you held me like a lover
Sweaty hands
And my foot in the appropriate place
And we use cushions to cover
Happy glands
In the mild issue of our disgrace
Our minds pressed and guarded
While our flesh disregarded
The lack of space for the light-hearted
In the boom that beats our drum
Well I know I make you cry
And I know sometimes you wanna die
But do you really feel alive without me?
If so, be free
If not, leave him for me
Before one of us has accidental babies
For we are in love
Do you come
Together ever with him?
Is he dark enough?
Enough to see your light?
Do you brush your teeth before you kiss?
Do you miss my smell?
And is he bold enough to take you on?
Do you feel like you belong?
And does he drive you wild?
Or just mildly free?
What about me?
What about me?
Fra poco parto. Come l'ultima volta, se qualcuno c'è, che me la mandi buona.
P.
Delicate
Delicate
We might kiss when we are alone
When nobody's watching
We might take it home
We might make out when nobody's there
It's not that we're scared
It's just that it's delicate
So why'd you fill my sorrows
With the words you've borrowed
From the only place you've known
And why'd ya sing Hallelujah
If it means nothing to you
Why'd you sing with me at all?
We might live like never before
When there's nothing to give
Well how can we ask for more
We might make love in some sacred place
The look on your face is delicate
So why'd you fill my sorrow
With the words you've borrowed
From the only place that you've known
And why'd you sing Hallelujah
If it means nothing to you
Why'd you sing with me at all?
And why'd you fill my sorrows
With the words you've borrowed
From the only place that you've known
Why'd you sing Hallelujah
If it means nothing to you
Why'd you sing with me at all?
P.
venerdì 27 luglio 2007
Lentamente...
giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che
fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi e’ infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia
aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o
della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non
risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere
vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto
di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una
splendida felicita’.
Martha Medeiros
Se stessimo scambiando figurine potrei dire "Celo, celo, celo...". Probabilmente l'unica che manca è quando dice ascoltare musica. Ho ricominciato a tirare pugni alla porta del garage. E non so perché. Anzi forse lo so. Ma non importa, non dovrebbe farmi stare così in ogni caso. Cavolo, cavolo, cavolo. Non gliene sbatte un cazzo di me. Zero, zero meno. Perché pensavo diversamente? I can't do it. Non ce la faccio più. Più. Voglio scappare, scappare dall'ultimo anno, da tutto quello che è successo, tutto, nulla escluso. Voglio scappare da Parma e da tutti i parmigiani, ricominciare a vivere a Reggio. O da qualch'altra parte. Vorrei dimenticare, ora come ora. Ma non si può dimenticare a comando. Purtroppo. E poi quando ci esci tra 26 ore esatte, come fai a dimenticare. E' proprio vero, che
P.
giovedì 26 luglio 2007
Elegia Triestina
degli angeli? E se pure d'un tratto
uno mi stringesse al suo cuore: perirei della sua
più forte esistenza. Poiché del terribile il bello
non è che il principio, che ancora noi sopportiamo,
e lo ammiriamo così, ché quieto disdegna
di annientarci. Ogni angelo è tremendo.
(da Elegie Duinesi, Elegia I, R. M. Rilke)
Che città splendida, Trieste. Una meraviglia, una gioia per il cuore. Ci sono stato un giorno e mezzo, mi sono innamorato. Dei suoi palazzi chiari. Delle sue vie larghe, ariose, pulite. Dei monti che sono così vicini al mare. Del mare. Della cultura che sai permeare ogni dove. E di Duino. Ci tornerò sicuramente. Voglio tornarci, magari in un giorno di pioggia, e tornare lungo il molo, e stare in mezzo al mare agitato, con la Bora tremenda che fischia nelle orecchie e ti sbatte l'acqua in faccia.
Amanti, a voi, l’uno nell’altro paghi,
chiedo di noi. Voi vi afferrate. Avete le prove?
Vedete, mi accade che le mie mani l'una
dell’altra si accorgano, o che il mio logoro viso
in esse si riposi. Così mi si desta un poco
il sentire. Ma chi, per questo, oserebbe già essere?
Voi invece, che nell'incanto dell'altro
crescete, fin che sovrastato
v'implora: non più...; voi che sotto le carezze
diventate l'un l'altro copiosi come le annate dell'uva,
che talora svanite perché l'altro
del tutto prevale: vi chiedo di noi. Lo so,
così beati voi vi toccate perché la carezza trattiene,
perché non viene meno la parte che teneramente
coprite; perché sotto le mani sentite la pura
durata. Sì che eternità quasi dell'abbraccio
attendete. Eppure, superato dei primi
sguardi il terrore e la nostalgia alla finestra,
i primi passi insieme, una volta attraverso il giardino:
amanti, ancora lo siete?
E visitare ancora la S.I.S.S.A., senza quel provincialismo schifoso alla Parma, con le sue mille culture (come Trieste!), e i mille studenti di matematica, e il bar che a Parma non c'è, e le lavagne sul terrazzo, che se ti viene un'idea, la puoi scrivere lì, subito. Avere uno studio per te, con la tua scrivania e la sedia con le rotelle, dove studiare. E poi vivere fuori casa, doverti fare da mangiare, lavare i piatti, mettere la roba in lavatrice, stenderla, e fare i festini con le ragazze del piano di sotto, che magari sono inguardabili, però almeno ti svegli un po'. Prendere ogni tanto il tram su rotaia che ti porta su in montagna, che fa tanto vintage, e che al modico prezzo di un euro ti dona un sacco di energia potenziale, non solo la tua, ma se vuoi anche quella della tua bici, con cui girare la provincia quasi senza pedalare, oppure prendere il sentiero che ti porta praticamenta fino alla S.I.S.S.A., e lì, un po' prima, fermarti al laghetto sotto il salice, sperando di vedere il tipo che fa il bagno nella lidga, come si dice qui, nella fanghiglia, tipo un indù nel Gange. O l'anatra nera che ti gironzola intorno mentre parli di quanto fanno schifo le persone, che Trieste o Parma alla fine sono tutte uguali.
[...] Stelle,
non discende da voi all'amante la voglia del viso
di quell'amata? E l'intima vista del puro volto di lei
a lui non discende dalla costellazione pura?
Non tu, ahi, non sua madre
tanto a lui ha inarcato le ciglia in attesa.
Non tu che lo senti, fanciulla, non tu
curvasti il suo labbro in più feconda espressione.
Pensi davvero che la tua lieve comparsa
tanto lo scuota, vaga tu come il soffio dell'alba?
Spauristi certo il suo cuore; ma più antichi terrori
s'inabissarono in lui, all'urto con cui l'hai toccato.
Chiamalo... non del tutto lo chiami dalle oscure presenze.
Certo ora egli vuole, sorge, alleviato, s'abitua
all'intimità del tuo cuore, prende e s'inizia.
Ma si è mai iniziato?
(da Elegie Duinesi, Elegia III)
E sfidare una giornata che minaccia pioggia per andare a Duino, volere andarci, a tutti i costi, a Duino. Quanto e cosa significa Rilke per me... E farsi un'ora di autobus per arrivare in quel paesino, e il castello chiude proprio di martedì, sfiga. Anche per telefonare in una viuzza desolata per disdire un appuntamento preso per il pomeriggio e dimenticato, raccontando che stai poco bene di stomaco.
Angelo! Se ci fosse un luogo che noi non sappiamo, e là,
su un tappeto indicibile, mostrassero gli amanti, che
qui alla riuscita mai non giungono, le alte
figure loro ardite dallo slancio del cuore,
del desiderio le torri, le scale loro,
poggianti già da tempo, dove mai non vi fu suolo,
l'una all'altra soltanto, tremanti, - e lo potessero
dinanzi ai loro spettatori, i morti silenziosi e senza numero.
Non getterebbero questi le monete allora, le ultime,
che noi non conosciamo, risparmiate e nascoste,
i ducati del felice vivere, di valore eterno, alla coppia
che sorride infine di un sorriso vero sul tappeto
placato?
(da Elegie Duinesi, Elegia V)
E imboccare il sentiero Rilke, tutto è Rilke a Duino il campeggio il bar il cesso Rilke, marchio registrato TM. Però la vista è favolosa, magari non dai belvedere da fidanzatini, meglio dai sassi a picco sul mare. Fare foto stupide che non le posto, pose idiote di meditazione sul mare. E magari in una out of cinquanta vieni anche bene e sembri figo davvero. Un po' poeta maledetto, con la maglietta rosso fuoco da scaricamento. E poi la scaletta che ti porta giù, e il tunnel scavato nella roccia, e il terrazzo a picco sul mare. L'unica cosa che mancava, una ragazza e un bacio.
E quando è costernato chi è costretto a volare
e proviene da un grembo. Quasi di sé
atterrito, guizza per l'aria come un'incrinatura
che traversa una tazza. Così la scia del pipistrello
la porcellana della sera incrina.
E noi: sempre, ovunque spettatori,
rivolti a tutto questo e fuori mai!
In noi trabocca. Lo ordiniamo. Si disgrega.
Torniamo ad ordinarlo e siamo noi dissolti.
Chi ci ha dunque voltati che,
in qualsivoglia cosa intenti, disposti siamo
come uno che parte? Come quello, sull'ultima
collina che gli mostra per una volta ancora
tutta la valle, s'arresta, si volta indietri, indugia -,
così viviamo, in un continuo prendere congedo.
(da Elegie Duinesi, Elegia VIII)
E poi tornare a Trieste, pizza che siamo in ritardo, buttare il pattume e volare a prendere il treno. E un caldo e un sonno da crepare, nonostante la moka da 4 in due. E la coppia di tedeschi o olandesi che non riesco a smettere di guardare. Scendere a Venezia, prendere i francobolli per le cartoline e imbucarle, aspettare il treno in ritardo, sperando di non perdere la coincidenza, e ascoltare uno che impreca perché anche lui avrà una coincidenza. E ricordarsi, il giorno prima, in quella stazione, i tre pazzi che si siedono di fronte a te in treno e non finiscono più di parlare e farti domande, che sei un ragazzo simpatico, che dovresti arruolarti in marina (staresti bene con la divisa, sai?), che davvero le donne emiliane sono affettuose ma ti saltano addosso (...), ti tirano due schiaffi e via, tipo la Ventura Raffaella Carrà e la Falchi, che siete voi legati alla tradizione, cioè state tutti insieme a Pasqua e Natale, che credi che ci sia qualcosa che ha creato tutto questo, che noi passiamo spesso a Reggio e se ci dici un bar in cui vai spesso magari ci passiamo e ci ritroviamo, che magari vuoi il nostro numero di cellulare, che facciamo una foto di ricordo, dài saluta con la mano. E poi, scesi, quella bellissima ragazza altissima che mi si siede di fronte, con la gonna bianca, le mutande gialle e il cellulare vecchissimo, che scende solo dopo una fermata. E quell'altra ragazza, con gli occhi stupendi, sempre coperti dagli occhiali da sole, li ho visti solo una volta, una sola, che studia qualcosa di economia e mi dice grazie quando sposto le gambe per farla scendere. E finalmente ritornare nel caro piattume padano, e tornare a casa, con un ricordo, due giorni nel cuore.
Ma se si risvegliassero, i morti senza fine, una metafora in
noi,
vedi, indicherebbero forse gli amenti delle spoglie
avellane, penduli, oppure
la pioggia, che sulla scura terra cade a primavera.
E noi che la felicità la pensiamo
in ascesa sentiremmo la commozione,
che quasi ci atterra sgomenti,
per una cosa felice che cade.
(da Elegie Duinesi, Elegia X)
P.
Damien Rice
And so it is
Just like you said it would be
Life goes easy on me
Most of the time
And so it is
The shorter story
No love, no glory
No hero in her sky
I can't take my eyes off of you
I can't take my eyes off of you
I can't take my eyes...
And so it is
Just like you said it should be
We'll both forget the breeze
Most of the time
And so it is
The colder water
The blower's daughter
The pupil in denial
I can't take my eyes off of you
I can't take my eyes off of you
I can't take my eyes...
Did I say that I loathe you?
Did I say that I want to
Leave it all behind?
I can't take my mind off of you
I can't take my mind off of you
I can't take my mind...
My mind...my mind...
'Til I find somebody new
Da ascoltare fino al vomito. Davvero. Vi ho mai consigliato robaccia?
P.