domenica 6 maggio 2007

Glenn

Strano che nelle attività che seguo con attenzione, di cui sono appassionato, non ci sia nessuna donna per me degna di attenzione. Tra i grandi pianisti/interpreti, la prima donna arriva preceduta da almeno una decina di colleghi maschi, in ogni categoria. Analogamente non apprezzo molto cantanti di sesso femminile; neanche scrittrici e/o pittrici (ma sono esistite pittrici donne?). Così è spiegato perché qui si parla solo di uomini, non perché ciò abbia un connotato misogino e/o dia indizi sui miei orientamenti; è così e basta.

Uno dei fari che dovrebbe illuminare chiunque si sieda ad un panchetto per suonare il pianoforte, è Glenn Gould. Antiaccademico, anticonformista fino al paradosso, interprete geniale (universalmente riconosciuta la grandezza delle sue interpretazioni di Bach, dei virginalisti inglesi e dei compositori del '900, Schoenberg su tutti; più discusse le sue interpretazioni di Mozart e Beethoven, sempre tuttavia guidate da un'idea, una visione unitaria e in ogni caso guidata da considerazioni coerenti), intelligentissimo analista di qualsiasi aspetto riguardante la musica (un esempio, la tecnologia di registrazione), questo canadese ha marcato indelebilmente la storia dell'interpretazione piansitica senza quasi muoversi dallo studio di registrazione. Ritiratosi dalla scena concertistica all'età di 32 anni, ha continuato a incidere dischi fino alla sua morte, avvenuta all'età di 50 anni, nel 1982. Ipocondriaco, forse lievemente autistico, l'unica sua compagna, in tutta la vita, è stata la musica. Un giorno parlerò della sua eccentricità, un altro delle sue incisioni delle Goldberg, che tutti noi, nolenti o volenti, chi ne Il silenzio degli innocenti, chi nella pubblicità di una cucina che non ricordo, abbiamo almeno una volta ascoltato. Che post del cavolo, non ho parlato di niente... Vabbè, prendiamola come una prova tecnica di post.
Buona notte a tutti, belli e brutti, in particolare a Lei, che non sa che sto scrivendo qua e che probabilmente nemmeno mi pensa. Però io penso a Lei, e questo è quello che conta; dice Thomas Mann, nel Tonio Kroger (o almeno credo):

la felicità non sta nell'essere amati: questa è soltanto una soddisfazione di vanità. La felicità sta nell'amare.

Che bella. Che vera.

P.


Nessun commento: