sabato 23 gennaio 2010

Umano, troppo umano

Ecco da qualche parte lo dovevo scrivere, che importa se lo leggeranno in pochi, da qualche parte lo devo scrivere. E a cos'altro serve un blog? Roberto Saviano mi ha fatto un'impressione micidiale ieri. Innanzitutto perché ho capito quanto grande è il potere della parola. Se gira costantemente circondato da sei uomini, che ne nascondono completamente la figura, se è necessario contollare con in cani anti esplosivi, se palazzo della Carovana diventa un posto blindato con poliziotti in borghese e controlli a ogni porta, tutto ciò è conseguenza della sua parola. Della forza di quello che dice e della forza con cui lo dice. Il potere non l'ha conquistato con la pistola, o con l'intimidazione. L'ha conquistato con la parola.

L'altra cosa che mi ha tanto colpito è stata la risposta a una domanda banale, cosa è cambiato nella tua vita e sei pentito di quello che hai fatto scrivendo Gomorra. Domanda alla richiesta della quale ci siamo messi tutti le mani nei capelli e un brusio si è sollevato in sala. E Saviano mi ha decisamente sorpreso. Mi aspettavo una risposta banale, standardizzata dalle centinaia e centinaia di volte che l'ha dovuta ripetere. E invece no, qualcosa è cambiato, piano piano diventava sempre più una confidenza a un amico, a una sala di amici, piuttosto che una risposta a un pubblico di sconosciuti. E Saviano è diventato umano, troppo umano. E ha alternato momenti di oratoria lucidità e momenti in cui ha confessato le sue paure, le sue ansie e la delusione che deriva dal livore che gli riservano i suoi conterranei. E ben si capiva, il cambiamento, dall'incrinarsi del tono della voce e dal comparire di pause di riflessione in un'arte oratoria ben oliata. E il messaggio più bello che è rimasto da più di due ore e mezza di discussione è proprio questo: nella lotta contro il male, non ci sono eroi. Ci sono solo uomini, come noi.

P.

mercoledì 13 gennaio 2010

Perché è servo

Minzolini, vattene mò affanculo. Servo del potere, maiale sempre pronto a grufolare sulla spazzatura che il padrone butta sotto il tavolo. Sei la persona più schifosa e viscida che abbia mai visto in giro.

Ok, bon finito il primo anatema ecco il secondo. Tenete conto che Fuori Orario \nin Discoteche.

Aborro coloro che vanno in discoteca, ma un po' vorrei andarci anche io. Però dopo dovrei trovare uno che mi porta a casa, perché sono un bravo ragazzo e non guido se troppo sopra il limite. Però tante volte mi fanno rabbia quelli che tutti i Sabati vanno in discoteca e iniziano a parlarne il mercoledì, neanche andassero a Messa. E ultimamente rispetto un po' più di prima le gerarchie ecclesiastiche, o almeno una parte. Forse è che tutto quello che c'è intorno che sta peggiorando?

P.

venerdì 8 gennaio 2010

Perché ti servo

I rapporti, non in generale sentimentali, ma spesso anche quelli, tra le persone derivano tutti da uno stesso germe utilitaristico. Io ho un certo tipo di legame con te, perché mi servi. Mi servi perché mi fai stare bene, sei simpatico, mi servi perché mi passi i compiti, perché prendi gli appunti meglio di me e poi me li passi, perché ogni tanto mi paghi una birra, perché mi ascolti, perché mi interessa quello che mi dici. Non c'è niente di filosofico né di trascendentale nell'amicizia, nella conoscenza, nei rapporti sociali. Tutto è quanto di più gretto e materiale possa esserci. Poi i rapporti si modificano, cambiano, finiscono, sia perché ci sono altri bisogni, o solo perché si è troppo pigri o dispiace troppo modificarli, o tirarseli dietro. Questo l'ho capito un po' di tempo fa, e ognuno dovrebbe caprilo il più presto possible, perché trincerarsi dietro illusioni e utopie non è nient'altro che ingannare noi stessi. Ognuno dovrebbe sempre essere il più onesto possibile con sé stesso.

P.

giovedì 7 gennaio 2010

martedì 5 gennaio 2010

Back in time

Sarà la giornata un po' così, con un tempo che non sa neanche lui che fare, se essere neve o pioggia, o solo nebbia. O forse il giorno, nel limbo tra il fare e il non fare, tra il festivo e il feriale, in attesa di ricominciare a fare. Sarà che non si può buttare via tutta la giornata davanti un pc. Però ti chiedi che cavolo ci stai a fare qui, per quale ragione e per quale scopo pesti la terra che hai davanti ai piedi, o l'acceleratore della macchina, se non cammini. E ti rispondi che è così e basta, e non ha senso farsi domande, e il principio antropico è la risposta a tutto, perché se tu non ci fossi non te lo chiederesti e basta.

Ma ci sei, e quindi come devi passare i giorni che ti separano dalla tua morte? Quale deve essere il fine di tali giorni? Chiudere gli occhi soddisfatto di quello che hai fatto? Chiudere gli occhi senza rimpianti? Senza rimorsi? Senza giornate buttate su farmville? Felice? Ma felice devi esserlo stato prima, morire in un istante di felicità è pur sempre un istante... Una vita difficile è riscattata da un istante di felicità mentre esaliamo l'ultimo fiato? Se non c'è nulla dopo, no. E quindi? A cosa aspirare? A una vita tranquilla nella mediocrità, con tua moglie che lava i piatti in cucina e tua figlia che prova il suo vestito nuovo, e sorride? A un film sul divano la sera? O a droga, sesso e rock'n'roll? O forse bisogna vivere, e basta...

P.