Lunedì 18 Febbraio, ore 14.10 circa. Un turistello nella stazione di Reggio Emilia aspetta l'intercity delle 14.19. Non si ricorda, non è sicuro che sia quello il treno giusto. Telefona all'amico, quello che è già sopra a quel treno. Carrozza 4, posto intorno al 70, non si ricorda, ancora una volta, bene. Comunque, se il treno è quello, lo troverà. Telefona. Sì, il treno è quello. Ha uno zainetto, piccolo, con un sacco di fogli con tutte le prenotazioni. E un sacchetto con un cambio, un asciugamano, il necessario per un paio di giorni. Sale. Mentre sta per salire, scende una persona che conosce. Dove vai? In Belgio... Ah... Ciaociao. Carrozza, scompartimento, sono giusti. Il sacchetto scompare nella valigia comune, che cercheranno di far passare come bagaglio a mano. Non appena si siede, due minuti, e già gli prende l'ansia. Dove ho lasciato il mio bagaglio? Ah no, il bagaglio del suo amico è anche il suo bagaglio, è bagaglio comune... Il viaggio scorre tranquillo, sonnecchioso, come tutti i viaggi in treno. Milano. Disturbante, nella sua periferia, nelle sue case popolari, nella gente costretta a viverci, nella gente che ci vive. Si avviano verso Bergamo, è più tranquillo. Arriviano in stazione, altro viaggio tranquillo, cioè, per modo di dire. Il turistello è preoccupatissimo: ci sono ragionevoli motivi per cui possono sospettare che la sera dormiranno sotto un ponte. Bus, arrivano in aeroporto in abbondante anticipo. E quando dico abbondante, intendo abbondante. Se in generale si arriva 2 ore prima del volo, beh, loro sono lì quasi 4 ore prima del volo. Niente. Guardano al check-in, non c'è nessuno di nessuno. Capatina obbligatoria in bagno, cena con panini per il turistello, gelato per l'amico. Ma li lasceranno i panini nel bagaglio a mano? Dici di no? Cavolo, gli tocca mangiarli tutti... Burp... Bisogno di un po' d'acqua per mandarli giù, cavolo, 1euro50... Vanno al check-in, cavolo, 1000 persone in coda... Ma 10 minuti prima non c'era nessuno... Pazienza, fanno la coda, nessun problema, e riescono anche a far passare il trolley come bagaglio a mano. Si siedono, vicino a una porta a vetri, aspettano in mezzo a una mucchia di tifosi dell'Inter (giorno dopo, Liverpool-Inter. Volo Ryanair poco dopo il loro). L'amico è stanco, sonnecchia, è andato a lezione la mattina. E poi non è che ci sia caldissimo, c'è una discreta corrente. Niente, stiamo lì. E' quasi ora dell'imbarco, ci avviamo. Saliamo sull'aereo passando a piedi in pista. Cavolo, che motori, è un Boeing 737. Salgono, il turistello chiede se i posti sono numerati (a posteriori: posti numerati alla Ryanair? Ahahahahah...), solo che la hostess parla solo inglese. Ma sono in Italia... Il turistello inizia ad essere preoccupato sul serio. E' il suo primo volo in aereo, e se cade, e se un uccello finisce in un motore, e se... Il 737 si avvia lento fino in fondo alla pista, inverte direzione. Allacciate le cinture, si parte! Che accelerazione, non ci si accorge neanche che si lascia il suolo, che un bestione di una sessantina di tonnellate (gulp!) voli. Volare, che emozione... Il turistello pensa che ora è così standard, con i tempi di volo che si misurano in migliaia di ore, con tutto automatizzato, tutto standard. Ma non è un miracolo (della tecnica, intendiamoci) fare librare nell'aria 60 tonnellate di roba? Che adrenalina comunque! Bellissime le ville illuminate, coi giardini e le loro piscine, da 100, 200, 300 metri di quota! Bellissime le luci della pianura padana a 1, 2 3 chilometri dal suolo! Nessuna turbolenza, qualche patema per le virate (ma è incredibile virare a 45°!), ed è già ora di atterrare. Il turistello, vicino al finestrino, appena dietro l'ala, guarda la pista per capire quando avviene il contatto. Cavolo, abbiamo toccato il suolo, non si è neanche sentito... Già, peccato che erano ancora a 1 metro di quota... e quando si tocca il suolo veramente si sente, si sentono i freni e tutto trema... Comunque sono in suolo belga, e sani e salvi! Il tempo di rassicurare mamma e pochi altri, ed è già ora di preoccuparsi di arrivare al tetto sotto cui passare la notte. Già, perché i nostri due pazzi scatenati non si sono preoccupati più di tanto di trovare, in anticipo, un modo per andare dall'aeroporto di Charleroi fino all'albergo... Boh, il turistello ha stampato la mappa da google maps (detto per inciso: partendo dal vecchio terminal. Il nuovo, aperto meno di un mese fa, è esattamente dall'altra parte della pista. Quindi, ai 5 km segnalati da gmaps, lo sapete quanto aggiungere, lo sapete quanto è lunga una pista d'aeroporto? Beh...), però appare loro subito un'opzione impraticabile, cioè, non che sembri impraticable, solo che non hanno assolutamente idea di che fare. C'è poca gente in giro, è tardi, nessuno sembra avere una gran voglia di dar loro una mano, e tutto quello che riescono a fare è far cadere un contenitore di depliant cercando qualche improbabile mezzo-di-soccorso-per-turisti-stranieri-e-spaventati-che-vogliono -arrivare-al-loro-non-si-sa-bene-dove-albergo.
Che fare, che non fare, mettono alla prova per la prima volta il francese scolastico del turistello per chiedere a un tassista quanto vuole per portarli fin là. Non appena ne arriva uno (cioè dopo un tot di tempo, visto che era quasi mezzanotte), fa 15-20 euro. Cazzo... Beh se non vogliono dormire in strada, gli tocca. E a posteriori potrebbero dire che ne valse la pena, vista la sberla di strada che il tasssì ha evitato loro di fare a piedi. Lasciato il rimanente ad arrivare ai 15 di mancia, per la seconda volta il turistello prova il suo francese col tipo che evidentemente sta aspettando qualcuno. Bene, pensa: vuol dire che la prenotazione c'è e lui ci aspetta! Beh, circa... Dopo un breve colloquio dice, in un misto di inglese e francese (oh, di necessità...) che ha due prenotazioni a nome del turistello, solo che sono tutte e due annullate, e l'albergo è anche full. Ma porca... Dopo avergli spiegato che aveva annullato la prima, per via di un errore sul numero di persone, ma non la seconda, il turistello è già pronto a chiedergli di farli dormire in sala colazione. Il fato decide però di dar loro una mano sotto forma di camera per bambini e fumatori (??? avrà capito male ???). Comunque, il tempo di una capatina in bagno per festeggiare lo scampato pericolo e per lavarsi i denti, un aulin all'amico del turistello per combattere un mal di testa sospetto, e i nostri due prodi eroi (ma si può dire Prodi ora?). Dicevo, i nostri due Veltroni eroi piombano in un sonno senza sogni (dove l'ho già letta questa frase?) che dura fino alla non tanto prima mattina del giorno dopo. Preparatisi alla veloce, si fiondano alla fermata del bus per andare in stazione e poi alla mèta del loro viaggio, Bruxelles. Bellissimi i treni belgi, moderni, puliti, costosi. Splendido il panorama, con le case così caratteristiche, le torri di un'industria energetica (tipo centrale nucleare di mr. Burns) appena un paio di km fuori da Charleroi, i campi coltivati, il controllore coi baffoni che più tipico e originale non si può, merci e voici. Arrivano, finalmente, nella capitale. Che stazione dei treni schifosa che ha la capitale, però. Tanto che la pensano una sosta intermedia e rischiano di non scendere. Sotterranea, buia, cupa, peggio delle fermate della metro a Roma. Escono, l'aria è gelida. Ci mettono un po' a capire dove si trovano, nella cartina stampata da Gmaps. Salgono una scalinata, finalmente capiscono, sono di fianco al Parco. Così finalmente possono andare a ritirare i biglietti per il concerto, la cosa più importante. E così il nostro turistello può ancora dare sfoggio del suo francese con la tipa che lavora in biglietteria, una fata. Che non vuole neanche vedere il documento d'identità, sulla fiducia, dice. Che carina. Finalmente hanno i biglietti in mano. L'amico del turistello però inizia a mostrare un certo disagio, vuole arrivare alla svelta in albergo. Nonostante i doppi nomi delle vie, che costano un certo sforzo intellettuale nella doppia traduzione (o meglio, nell'adattamento dei suoni dal francese all'olandese), ce la fanno in breve tempo, e questo prima di mezzogiorno. Si svaccano sul letto e per una buona oretta di lì non si muovono, nonostante le donne delle pulizie che fanno le pulizie, chiedendo scusa, mentre la camera è occupata. L'amico del turistello però non sta tanto bene, si sente la febbre e ha mal di gola. Il turistello, nonostante la farmacia che si è portato dietro, non ha nessun antipiretico. Solo le caramelle per il mal di gola. Vanno nonostante questo a mangiare nel più grande centro commerciale di Bruxelles, a un minuto dall'albergo, scegliendo tra i mille ristoranti quello che presenta nel nome una curiosa assonanza con una certa persona. E nonostante ciò, l'assonanza è solo nel nome e non nel carattere, in quanto è un posto abbastanza grezzo in cui ti piazzano la roba dentro al panino con le mani. Poca spesa, però, alla fine. Fanno un giretto nel centro commerciale. Carino, diverso da quelli italiani, sembra che non ci sia troppa gente a fare solo una vasca (capite, o reggiani, a cosa mi riferisco?), a parte qualche gang che sembra uscita dal Bronx o simila. L'amico non sta tanto bene, cerchiamo una farmacia. Si piazza a letto con un'aspirina. Il turistello ne approfitta per fare un giretto nei dintorni, comprare un biglietto d'auguri, ritornare nel centro commerciale in cui acquista, non necessariamente nell'ordine: cartoline per famiglia-nonna-dipartimento-amicivari-ecc, francobolli per suddetti oggetti, un po' di spesa tra cui una scatola di cioccolatini burrosi da fare schifo da portare a casa. Poi si fa risucchiare, purtroppo, dal negozione della fnac (la Feltrinelli francofona) e perde ivi un'oretta buona e un tot di soldi in ciddi a prezzo stracciato introvabili in Italia e su Amazon. Torna dall'amico, che sta un po' meglio. Iniziano a prepararsi per l'evento principe, il motivo per cui sono lì, quello da cui tutto è nato. Strano, al turistello ora sembra un evento accessorio, in secondo piano rispetto al volo in aereo, all'essere in un paese straniero quasi da solo, a cavarsela con la comunicazione (grazie al cielo, essendo italiano, ha il dono di esprimersi decentemente anche a gesti!), alla voglia di tornare a casa, di rivedere facce conosciute da una vite, altre da meno, ma non per questo meno importanti, luoghi cari, familiari, sentire inflessioni rassicuranti, smettere di prepararsi ogni volta quello che si deve dire, di cercare modi per non essere preso per turista, cercare di essere più naturale possibile. Doccia, si apprestano ad uscire. Cena? Eventualmente dopo. Arrivano abbastanza presto, tanto presto da avere una visione. L'amico di più, lui lo vede anche in faccia, dice che è lui. Lo riconosce anche dalla camminata. Il turistello, meno sveglio nonostante tutto, ne intravede solo la sagoma e la nuca. Ma anche a lui sembra lui. Era in coda al gruppo appena sceso dall'autobus. Possibile che il pianista, il centro assoluto dell'attenzione per quell'evento, l'artista pagato probabilmente più di 50k euro per quel paio di ore seduto davanti quegli 88 tasti bianchi e neri, arrivi in autobus? Mistero che probabilmente rimarrà. Entrano, comprano il libretto (bruttissimo, poco esauriente, pieno di pubblicità, ma se no come si fa a ricordarsi di esserci stati? E dove ci si fa fare un eventuale autografo?), scaricano i cappotti (gratis!! Capito, iteatri??), si piazzano a sedere. Bello l'auditorium, i posti sono più vicino di quanto non pensassero. La tensione è palpabile. Entra Pollini. Sotto braccio un libro consunto, son cahier d'étude, come avrebbe detto uno spettatore francese alla fine del concerto. Già, le pagine ingiallite, i fogli ormai tutti staccati, la rilegatura inesistente. Piuttosto suggestivo, non c'è che dire. Chissà quante ore ci avrà passato sopra, nella sua adolescenza. E non l'ha quasi mai suonato in pubblico, a differenza di moltissimi altri pezzi. Il concerto inizia, col celeberrimo Preludio in Do maggiore. E termina con la bellissima e monumentale, seppur molto meno nota, Fuga in Si minore. Per l'interpretazione, vedere il post apposito. Escono dalla sala soddisfatti, forse hanno assistito a un'interpretazione come tante, forse no. Perché Pollini è uno dei Titani del pianismo del novecento. Perché il WTK non l'ha suonato così spesso. Perché ha una visione della musica che ben si sposa con una certa interpretazione di Bach (non l'unica possibile, intendiamoci!), tanto che l'interpretazione è piaciuta anche al nostro turistello che, nonostante rispetti, ammiri, comprenda il pianista milanese, non ne è esteticamente molto attratto (a parte pochi, folgoranti, esempi: Polacca fantasia, op.109, sonata di Schumann per fare qualche esempio). Tornano all'albergo sazi, più che di cibo (niente cena!!), di musica. Vanno a dormire soddisfatti. Il mattino dopo si alzano piuttosto presto, il nostro turistello scende a chiedere informazioni in portineria per arrivare all'aeroporto, e nel frattempo, meglio tardi che mai, si fa dare una cartina della città, proprio mentre è in procinto di lasciarla. La colazione è sufficiente, la mattinata è lunga per fare una visita a tutti i monumenti che non si sono ancora visti. Ad esempio il decimo piano di un parcheggio per auto. E a che fare? Beh per vedere gratis il panorama della città, molecolone di Ferro, che è troppo lontano per visitarlo, compreso. Oppure la piazza principale, veramente bellissima, patrimonio dell'umanità Unesco. E passare per il quartiere gai, percorso obbligato verso la stazione di partenza degli autobus per Charleroi. E cercare un posto per pranzare, ivi. Questo no. Questo no, troppo caro. Questo no, troppi uomini. Questo no, ha un nome ambiguo. Questo? Boh, proviamo... Bella città tutto sommato Bruxelles. Strade e marciapiedi larghi, poco traffico, molto pulita, un sacco di piante piantate negli ultimi anni. Come il quasi-boschetto piantato davanti la cattedrale. Bellissima idea, IMHO. A discapito delle foto turistiche, un'idea di eco-compatibilità, di bosco-in-città che si integra con gli edifici storici davvero geniale. Arriviamo a Charleroi, check-in, aereo. Voliamo al tramonto, bellissimo. Un mare di nuvole, e dietro il sole rosso. E una considerazione, chissà perché le nuvole stanno tutte alla stessa altezza, questione di 10-20 metri penso. E una nuvola solitaria che svetta un po' più in alto delle altre, a smentire (o confermare?) questa ipotesi. Bergamo, Milano, Reggio, finalmente a casa. Finalmente tornato alle cose che amo. Ma non stavo tornando da una cosa che amo? Beh, e dov'è la contraddizione?
P.
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