martedì 8 maggio 2007

Pianissimo, Bollani

Che fortuna saper strimpellare uno strumento. Fortuna doppia se è il pianoforte. Sei da solo quando suoni il piano. Anche se ci sono intorno 10000 persone che ti stanno ad ascoltare. Anche se sono tutti lì a cercare di cogliere ogni minima sfumatura del tuo suonare. Ci sei solo tu e la musica. Se sei particolarmente bravo ci sei solo tu. Se sei davvero, davvero bravo, non c'è neanche lo strumento. C'è solo un collegamento diretto tra la tua testa e la musica che si diffonde. Non ci sono le dita che suonano, non ci sono i tasti, non ci sono i martelletti che percuotono le corde. La musica esce dritta dritta dalla tua testa. Ma bisogna essere veramente bravi. Diceva il caro Glenn a proposito di un gigante, talmente grande che mettendosi sulle sue spalle a volte riesci a vedere oltre a dove aveva visto il compositore, Sviatoslav Richter:

Mi è sempre sembrato che esistessero due categorie di interpreti: quelli che cercano di sfruttare lo strumento che utilizzano e quelli che non lo fanno. Nella prima categoria si possono includere [...] figure leggendarie quali quelle di Liszt e Paganini, e anche un buon numero di virtuosi sedicenti demoniaci di epoca più recente. [...] Nella seconda categoria, invece, si trovano i musicisti che tentano di far andare in cortocircuito il problema del meccanismo dell'esecuzione, di creare l'illusione di un legame diretto fra loro e una data partitura e che, di conseguenza, aiutano a creare nell'ascoltatore la sensazione di partecipare non tanto all'interpretazione quanto alla musica stessa.

Come spiegarlo meglio? Impossibile. E difatti Gould è una delle menti musicali più acute e geniali del secolo passato.


Chi è? Stefano Bollani, uno dei pianisti Jazz più promettenti della sua generazione. Lo sono andato a sentire Giovedì scorso, suonava con un quartetto (sax, tromba, contrabbasso e percussioni) e con Massimo Altomare al canto; lo spettacolo era "La gnòsi delle Fanfole", trasposizione in musica delle poesie di Fosco Maraini. Veramente bravo: gran senso del ritmo, non eccessivamente percussivo, musica bella, raffinata, fresca, una forte personalità e una spiccata ironia, grazie alla quale riesce a rendere gradevolissimo lo spettacolo; che da puro (e notevole, diciamolo) show di musica jazz colta diventa anche occasione di siparietti e scambi di battute (a volte destinate agli specialisti...). L'imitazione di Paolo Conte con cui introduce il bis finale infine vale da sola il prezzo del biglietto (appena 12 iuri). Applausi scroscianti, commenti positivi all'uscita per questo pianista, intrattenitore, persona intelligente (frecciatina/considerazione personale: sicuramente tutto un altro livello rispetto all'osannato Allevi...). Consiglio: se passa dalle vostre parti, non lasciatevelo scappare. Non rimpiangerete sicuramente né la serata spesa, né i soldi sborsati. E diciamocelo, di questi tempi non è poco neanche questo...

Bravo, bravo, bravo.

P.


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