martedì 15 gennaio 2008

Hahn e basta

Ieri sera, come preannunciato, sono andato a sentire Hilary Hahn, enfant-prodige (ma non più tanto, ha 27 anni ora) del violino. Ebella ragazza, ve l'assicuro. Niente, avevo il biglietto da un po', la data non potevo scordarmela per ovvie ragioni, parto poco dopo essere tornato dall'università, arrivo a teatro a Modena (ma quant'è che l'han chiamato "Teatro comunale Luciano Pavarotti"?), mi piazzo nel mio posto 15/s della seconda fila, e costato di essere non poi neanche troppo lontano dal posto riservato al solista. A destra mi ritrovo seduto un sosia di Mikail Pletnev, a sinistra un indiano che odora di kebab. Davanti un ragazzotto elegante, in giacca, anche lui lì per sbavare sotto la violinista americana, tanto che vedendo un posto libero poco più a destra (cioè proprio sotto il posto del solista, dove non si sente un cavolo di niente, però col cavolo che non si vede niente...) tenta inutilmente di occuparlo. Entra l'orchestra, pochi applausi, noto subito l'ultimo dei primi violini e la sua pancia sconfinata, più grossa dei timpani che vedo in lontananza. Poche note di Stravinskij mi convincono che è poco felice l'acustica del posto, i flauti e tutti i fiati arrivano dopo aver incontrato tutti i corpi di primi e secondi violini, che d'altra parte sento tanto bene da poter distinguere strumentista da strumentista. Vabbé, pazienza. Bellino il pezzo, ma ovviamente aspetto che entri il solista del secondo brano, il concerto per violino di Glazunov (a me sconosciuto, ma a posteriori pezzo molto gradevole). Entra la Hahn. Vestito bruttino, crema con inserti verde scuro, strascico lungo (porco cane, e io che puntavo...). E' una ragazza minuta, di carnagione molto chiara (chissà quante ore passate in casa a studiare musica), braccia e polsi sottili, sorride. Un cenno d'intesa col direttore, e inizia il concerto. Il suono che cava fuori dallo strumento, credetemi, è straordinario. Mi trovo sempre in difficolta nel giudicare ciò che esula il mio strumento, in particolare l'altro grande strumento polo centrale della musica solitsta, il violino. Poi non conoscevo minimamente il pezzo, quindi non sono in grado di formulare un giudizio sensato. Ma dire che il suono rimane bellissimo, come negli splendidi passaggi lenti, anche nei passaggi più tremendamente virtuosistici, credo di esserne autorizzato senza avere la colpa di dire una stupidata. Il mio prof diceva una volta che Oistrakh, il più grande di tutti, aveva un suono incredibile, tanto che sembrava soffiare sulle corde del violino, e non strofinarci sopra del crine. Ecco, più o meno l'impressione era quella. Non si sentiva proprio mai lo sfregamento dell'archetto sulle corde, né nei passaggi veloci, né in quelli in pianissimo, né in quelli in fortissimo. E il suono che ne conseguiva, beh, l'ho già detto, incredibile. Una cosa che mi ha molto impressionato, oltre questa, è stata la completa concentrazione della violinista. Non credo di aver mai visto un musicista così immerso nella musica. Ha suonato tutte le parti soliste a occhi chiusi. E nelle rare sezioni orchestrali, il suo sguardo era vuoto, gelido. Non fissava nessuno nel pubblico (neanche me, sob...), dava qualche occhiata meccanica alle diverse sezioni dell'orchestra, muoveva leggermente la testa a ritmo di musica. E poi subito si gettava nuovamente sul suo strumento, su quella che non è esagerato chiamare appendice della sua anima, e parte del suo corpo. E questo fino alla nota finale, per poi sciogliere il suo volto da bambina (dimostra 16 anni, non 27) in un sorriso verso il pubblico che le riserva una strameritata ovazione e un gran numero di "brava". E poco importa la stecca nel bis bachiano, la sarabanda della partita in Re minore (devo dire che sognavo la ciaccona, ma speravo proprio in un pezzo da quella partita), affrontato con leggerezza e pulizia, in quella che mi sembra essere diventata la cifra interpretativa (almeno da parte delle giovani violiniste donne) del Bach per violino solo: piano, leggermente, suono cristallino, purissimo e, neanche a dirlo, bellissimo (vedi il video linkato: un'interpretazione simile, ma ancora più delicata la Hahn. Io ho sentito anche lei, la Fischer, nello stesso teatro!). Nella seconda parte del concerto il pezzo più palloso della storia, la quarta sinfonia di Shostakovich, con un primo tempo da mezz'ora e gli altri due da 40 minuti, insieme. Mamma mia che palle. E che prova di resistenza delle mie orecchie, dato che per una sinfonia del genere l'organico rasenta il centinaio di orchestrali! Bon, esco, mi dirigo verso i camerini per un meritato autografo, ma la maschera stronza non mi fa passare. Non ho voglia di starla ad aspettare fuori, così me ne torno a casa. Bella serata di musica, e poi ho visto dal vivo chi volevo vedere dal vivo da un paio di anni.

Nota: scusate la foto orrenda e mossa, ma ieri sera era acconciata proprio così, e quello era più o meno il sorriso che sfoggiava al pubblico. Nice, nice...

P.

3 commenti:

RadomE ha detto...

Io dico che dovevi aspettarla fuori..oppure usare con la maschera "il diversivo" che funziona sempre ; )

Anonimo ha detto...

buonasera,
ero al concerto in 2 fila e devo dire che a destra, guardando il palco ,l'acustica era buona.
ottime emozioni ma l'esibizione di hilary hahn e' stata troppo breve ci voleva un'uscita anche nel secondo tempo.
saluti. paolo v.

P. ha detto...

Salve! A me il problema del posto è sembrato quello, l'ho percepito chiaramente proprio perché all'inizio di Stravinskij c'è stato un momento in cui suonavano solo i flauti (e qualcos'altro anche?). Diciamo che in quel posto primi e secondi violini si facevano sentire, e anche bene... Concordo, come scritto, sull'esibizione della violinista. Già, peccato, avrei preferito sentire un po' meno di Shosta (che, si sarà capito, non amo alla follia...) e un po' più di violino solo, data la qualità dell'ultimo...