martedì 11 dicembre 2007

Chesil Beach

Ce l'ho fatta. Ora mi metto qui e scrivo qualcosa sull'ultimo libro di Ian McEwan, mentre mangiucchio la prima fetta di panettone della stagione. A riguardo: il prossimo post sarà riguardo il Natale e quanto io lo odi, eccezion fatta per i dolci.

Ian McEwan è un mago della parola. Magari non è capace di scrivere grandi storie, di sostenere grandi strutture architetto-letterarie, o forse solo non vuole, o non gli interessa. Però la sua forza è la capacità di maneggiare le unità fondanti della lingua, le parole, per scrivere periodi, paragrafi, capitoli di bellezza abbagliante. E quando ti capita di leggere quelle frasi sensuali, dolci, neoclassiche, i periodi che disegnano un arabesco che parte dal soggetto e, dopo numerose volute arrotondate, termina con l'oggetto, rallenti la lettura, per non perderne neanche una sfumatura, così che durino un po' di più (come nella pubblicità della mozzarella, n.d.P.).

E poi, Edward lo amava, non di una passione bollente né incline al deliquio di cui aveva letto sui libri, ma di un attaccamento profondo, a volte filiale, a volte quasi materno. Le piaceva abbracciarlo, e sentire il gigantesco braccio di lui cingerle le spalle, le piaceva farsi baciare, benché non amasse la lingua in bocca e l'avesse chiarito, senza bisogno di ricorrere alle parole. Lo riteneva sotto ogni aspetto una persona originale, diversa da chiunque avesse conosciuto. Aveva immancabilmente con sé nella giacca un libro tascabile, in genere d'argomento storico, in caso si fosse ritrovato in una coda o in una sala d'attesa. Sottolineava quel che leggeva con un mozzicone di matita. Era praticamente l'unico uomo di sua conoscenza che non fumasse. Non aveva mai due calzini uguali. Disponeva di un'unica cravatta, striminzita, lavorata ai ferri, blu scura, che portava quasi sempre sulla camicia bianca. Florence adorava la sua mente curiosa,il leggero accento provinciale, l'immensa forza che aveva nelle mani, le imprevedibili sterzate e derive della sua conversazioni, la gentilezza con cui la trattava e il modo in cui i suoi dolci occhi castani la guardavano parlare facendola sentire avvolta da una soffice nuvola d'amore. A ventidue anni, Florence non aveva dubbi sul fatto di voler trascorrere il resto della sua vita con Edward Mayhew. Come poteva rischiare di perderlo?

Scrivere così è rischioso, McEwan scrive come suona Sokolov. McEwan si limita alla forma breve, mentre Sokolov rischia, affrontando, a volte con successo, a volte con meno, anche forme più estese. Eppure anche McEwan rischia. Perché se la tensione non rimane alta, se la storia non è perfetta, l'autore rischia di essere prolisso, noioso, anche in un libro di poco più di cento pagine. E qui ci va vicino. Ci racconta la prima notte di nozze di questa giovane coppia di paranoici, come li ho bollati io a metà libro. Che nell'Inghilterra del 1962, alla soglia di consumare il loro primo atto d'intimità (si può dire così?), sono tormentati dall'ignoranza nell'ambito amoroso e sopratutto da una zavorra di paranoie (lei una profonda repulsione per il sesso, lui la paura di fallire e il dubbio latente che siano troppo diversi, troppo diversa lei), che finiscono per far traboccare il vaso e segnare un crollo totale. Crollo del loro grande amore, della fiducia reciproca, della tranquillità e sicurezza del proprio futuro.

[Edward] Restò imperscrutabile, una sagoma bidimensionale paralizzata sullo sfondo del mare. Con un gesto incerto e nervoso, Florence si portò una mano alla fronte per scostare un capello immaginario. Presa dall'agitazione, si mise a parlare più in fretta, pur scandendo bene le sillabe. Come un pattinatore su uno strato di ghiaccio sottile, accelerava il passo per non annegare. Procedeva nelle frasi a rotta di collo, come se soltanto la velocità potesse garantirle una logica, come se così facendo sperasse di condurre anche Edward al di là dei controsensi, trascinarlo con tanta furia nella gimcana dei suoi propositi da non lasciargli appiglio per eventuali obiezioni. Perché in effetti non biascicava affatto le parole; al contrario, le pronunciava purtroppo con brusca chiarezza, pur essendo a un passo dalla disperazione.

L'analisi psicologica dei personaggi è profonda; McEwan ci racconta ambientazione, inizio, sviluppo della storia d'amore con cura e dovizia di particolari. Parallelamente scava negli anfratti delle loro menti, mentre si preparano a quello che è un atto inevitabile, desiderato da lui, temuto da lei. Atto che, tematica cara a McEwan, si trasforma in un punto di non ritorno. Il ritmo, fino a questo punto estremamente lento, subisce una brusca accelerata, come in certe pellicole; copre in poche pagine tutto il resto della vita dei due. Ciò d'importante, nella loro vita, è stato analizzato e sezionato minuziosamente. Il resto non è che fill-up, un rapido excursus su quello rimane della loro vita e del loro amore completamente distrutto da quella che era una crepa minuscola. Sono temi cari all'autore: amore prima travolgente e passionale; poi infelice, disperato, tragico. E in mezzo, un avvenimento, un fatto, un evento che è il punto di rottura, una rottura che velocemente diventa sempre più incolmabile. E forse sono proprio questi i momenti in cui dà il meglio di sé, nella breve descrizione di quel crollo che possiamo solo limitarci ad osservare, che, nonostante il nostro potere di intervenire, cambiare, chiarire le cose, ci limitiamo a subire passivamente, come spettatori inerti. Tutto sommato un bel libro, scritto benissimo come sempre. Ma assolutamente non all'altezza di capolavori come Cortesie per gli ospiti, L'amore fatale o Lettera a Berlino. Il primo consigliatissimo, ottanta pagine di meraviglia. Se lo leggete prima o poi, lasciatemi scritto qualcosa, un commento. Mi piacerebbe pensare cosa ne pensate.

A Chesil Beach Edward non avrebbe potuto richiamare Florence, o seguirla. Non sapeva, e nemmeno avrebbe voluto scoprirlo, che correndo lontano, sicura, nella sua disperazione, di essere sul punto di perderlo, Florence non si era mai sentita tanto innamorata e sgomenta, e che il suono della sua voce l'avrebbe raggiunta come una salvezza, che si sarebbe senz'altro voltata. Edward invece era rimasto impassibile nel suo silenzio virtuoso, in quel crepuscolo estivo, a guardarla correre via sulla spiaggia, mentre lo sciabordio delle piccole onde copriva il rumore dei suoi passi faticosi e Florence si riduceva a un punto sfocato in fuga sull'interminabile rettilineo di ciottoli sfavillanti nella luce fioca.

P.

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